Cerca nel blog

mercoledì 16 aprile 2014

-Chi ben comincia- #3

Buongiorno cari lettori e benvenuti ad una nuova puntata di Chi ben comincia!
Ricordiamo rapidamente le regole:

Si prende un libro qualsiasi nella propria libreria (magari è meglio averlo prima letto... xD )
Si copiano le prime righe (possono essere 10-15 oppure di più... come preferite)
Si scrive titolo e autore del libro per chi fosse interessato ad acquistarlo
Si aspettano i commenti

Oggi è il turno di "Warm Bodies", romanzo pubblicato per la prima volta nell'ottobre del 2011 e scritto da Isaac Marion.

"Sono morto, ma non è poi così male. Ho imparato a conviverci. Mi spiace di non potermi presentare come si deve, ma non ho più un nome. Quasi nessuno di noi ce l'ha. Smarriti come chiavi di automobili, dimenticati come anniversari. Il mio credo cominciasse per "R", ma è tutto ciò che so. La cosa buffa è che, fintanto che ero vivo, non facevo che dimenticare i nomi degli altri. Il mio amico "M" dice che uno dei paradossi dell'essere uno zombie è che è tutto buffo, ma non puoi ridere, perché le labbra ti si sono putrefatte.
  Nessuno di noi è particolarmente attraente, ma la morte è stata più che gentile con me. Sono ancora ai primi stadi di decomposizione. Solo la pelle grigia, un odore sgradevole, cerchi neri sotto gli occhi. Qualcuno potrebbe anche scambiarmi per un vivo un po' stressato. Prima di diventare zombie mi sa che ero un uomo d'affari, un banchiere o un broker, o forse un giovane praticante. Si vede dai vestiti: pantaloni neri, camicia grigia, cravatta rossa. M ogni tanto mi prende in giro. Indica la cravatta e cerca di ridere, un brontolio soffocato e gorgogliante dal fondo delle budella. Lui ha un paio di jeans pieni di buchi e una maglietta bianca. Quella maglietta addosso a lui ha un'aria alquanto macabra. Avrebbe dovuto scegliere un colore più scuro.
  Ci divertiamo a speculare sul modo in cui siamo vestiti: gli abiti che portiamo sono l'unico indizio di chi fossimo prima di diventare nessuno. Alcuni sono meno ovvi dei miei: calzoncini e maglietta, gonna e camicia. Per cui tiriamo ad indovinare.
  Tu facevi la cameriera. Tu eri uno studente. Ti dice qualcosa?
  Niente.
  Non conosco nessuno che abbia ricordi precisi. Solo una vaga conoscenza residua di un mondo che non c'è più. Immagini sbiadite di vite passate che s'attardano come le membra di un fantasma. Riconosciamo gli edifici frutto della civiltà, le macchine, una visione d'insieme - ma in cui non abbiamo alcun ruolo individuale. Nessuna storia. Noi siamo qui e basta. Facciamo quel che facciamo, il tempo passa e nessuno pone domande. E tuttavia come ho già detto, non è poi così male. Potremmo sembrare degli idioti, ma non lo siamo. Gli ingranaggi arrugginiti della ragione continuano a funzionare, anche se vanno talmente lenti che dall'esterno il movimento è quasi impercettibile. Ci lamentiamo e brontoliamo, facciamo spallucce e annuiamo, e di tanto in tanto viene fuori qualche parola. Non è poi così diverso da prima.
  Ma l'aver dimenticato come ci chiamiamo mi rende molto triste. Tra le tante cose, questa mi sembra la più drammatica. Il mio nome mi manca e mi spiace per quello degli altri, perché vorrei amarli, ma non ho idea di chi siano."

Alla fine ho riportato le prime due facciate, è che non riuscivo a fermarmi! Adoro questo libro: ad una prima occhiata sembrerebbe descrivere una società futura post-apocalittica ma in realtà spesso viene fuori come le cosa non siano tanto diverse da com'erano in passato, cioè ora: "Non è poi così diverso da prima".
Più avanti nel libro vengono trattati temi davvero consistenti e in un certo qual modo "ingombranti", difficili da gestire perché sollevano interrogativi che non hanno risposta ma, quando questa esiste, spesso rischia di far crollare tutto il castello di carte su cui si basa la società, che sia quella dei Morti o quella dei Vivi.
Dio esiste? Il cambiamento è qualcosa di giusto o sbagliato? Perché ad alcuni fa paura e cosa occorre fare se si vuole attuarlo? Se c'è chi reagisce con violenza nei confronti di ciò che non comprende, occorre arrendersi se la situazione appare disperata?

"Adesso non è rimasto più niente. Nessun pensiero, nessun sentimento, nessun passato né futuro. Non esiste nient'altro che il bisogno di disperato di mantenere le cose per come sono, per come sono sempre state. Devono stare sui binari della loro esistenza circolare o saranno sopraffatti, incidentati e consumati dai colori, dai suoni, dall'immensità del cielo.
  E così il pensiero fa capolino nella mia testa, sussurrandomi tra i nervi come bisbigli dentro un cavo telefonico: e se riuscissimo a farli deragliare? Abbiamo già distrutto la loro struttura quanto basta per scatenare una rabbia cieca. E se riuscissimo a riprodurre un cambiamento così radicale, così nuovo e spiazzante, da farli andare semplicemente in pezzi? Da farli arrendere? Da ridursi in polvere e lasciare la città spazzati dal vento?"

E poi la bellezza di una delle scene finali (l'ultimo Passo dei tre in cui il libro è articolato si divide infatti in più parti) [SPOILER] in cui i bambini tornano alla vita da soli, con la loro innocenza spontanea mentre per farli agire da veri zombie avevano dovuto frequentare una "scuola": loro sono istinto, sono tutto ciò che è naturale e venuti a mancare coloro che li mantenevano come zombi, in senso non solo pratico ma anche metaforico, ricominciano a vivere in modo spontaneo, come un fiore tenuto troppo a lungo al buio cerca la luce.

Spero di aver stuzzicato la vostra curiosità nei confronti di un libro che è molto più filosofico di quanto non si direbbe e di cui il film non rende un decimo (guardatelo pure prima di leggere il libro tanto il finale nel film procede a muzzo oppure guardatelo dopo così non vi fate idee sbagliate sul libro... oppure non guardatelo proprio)

3 commenti: